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  • W&W – Tra #welfare e #welcome

    Tra Welfare e Welcome, il nuovo punto di vista della Caritas di Benevento.

    Angelo Moretti, coordinatore generale Caritas Benevento.

    L’anno 2015 ci ha aperto nuovi punti di vista e prospettive sulle necessità impellenti del nostro territorio e sulle possibili risposte che la Caritas, tra profezia e denuncia, è chiamata a dare. La prospettiva non è merito nostro: sono i poveri ad avercela indicata. Qual è, infatti, il più grande fenomeno degli ultimi 25 anni, dalla caduta del muro di Berlino ad oggi, se non le migrazioni di massa? Quale nazione di quelle potenti che hanno portato la guerra o l’hanno concessa, aveva previsto che i poveri in massa potessero rompere di improvviso tutti gli argini, attraversare il Sahara a piedi ed il Mediterraneo su pezzi di gomma? Chi avrebbe mai saputo che la vita negli gli slum nigeriani, la miseria dell’Eritrea, le atrocità della Siria, nel 2015 non sarebbero più state questioni di politica esterna ma di Ministero dell’Interno?

    Paolo VI in verità lo disse chiaro e tondo all’ONU e lo scrisse a lettere di fuoco nella Popolorum Progressio. Giovanni Paolo II aveva denunciato tutte le storture del turbo-capitalismo nella Centesimus Annus. Benedetto XVI aveva sviscerato i malanni dell’economia finanziaria nella Caritas in Veritate. Papa Francesco a marzo del 2015 con la Laudato Sii ha aggiunto un nuovo tassello al ragionamento della dottrina sociale della Chiesa: non sono solo i poveri a gridare,  ma anche la terra. I giovani africani lasciano terre ricche e feconde di beni naturali per raggiungere l’urbanizzazione occidentale, dove il primo “bene” è la capacità di consumare, ed il “meglio” sembra essere rappresentato dal “consumare di più”.  E quando è accaduto che decine di milioni di persone hanno cominciato a spostarsi verso l’Europa, abbandonando eventi climatici e situazioni ambientali ormai insopportabili e scenari di guerra atroci, i governi europei l’hanno chiamata “emergenza migranti”. È questa emergenza ad aver allargato i nostri orizzonti. I migranti arrivano come eroi tragici mai esistiti nella realtà e nelle cronache, attaccati ai telai dei camion, su gommoni, attaccati ai carrelli di areoplani diretti verso Londra, mimetizzati tra la valigie di una stiva di nave. Noi eravamo abituati alle grandi peripezie di chi doveva passare un confine tra Berlino est a Berlino Ovest, costruendo tunnel e nascondendosi nei bagagliai. Questo non lo prevedevamo, forse proprio non potevamo, forse perché è superumano, disumano, come forse non si potevano prevedere i lager. Questi giovani, la stragrande maggioranza è under 30, arrivano nelle nostre terre italiche trovandole a forte rischio di fecondità, con la denatalità più bassa di Europa, l’indice di vecchiaia più alto e l’abbandono della superficie agricola utilizzabile più alta degli ultimi decenni. Trovano un’ Italia divisa per grosse aree metropolitane dove la qualità di vita scende ogni giorno di più, con periferie sempre più insopportabili e lontane, e migliaia di comuni sparsi tra aree interne ed aree costiere con solo 4,2 milioni di abitanti in tutto. Cosa ci verrebbe da dire ad un giovane Alì che per raggiungere casualmente Benevento (dove gli capita che un controllore lo faccia scendere dal treno perché lo trova senza biglietto) ha attraversato 8 nazioni, giornate intere di cammino, bolle sotto i piedi, scarpe consumate, pericoli di morte, carcere, a  soli 14 anni? Che possiamo dire ad Alì da bravi cristiani se lo fissiamo negli occhi, appena sceso dal treno, nella stazione dove il controllore gli ha fatto segno che è finita la sua corsa? Possiamo dire solo una cosa, guardandolo negli occhi: Welcome! Non c’è parola più bella di questi tempi. You’re welcome! Sei il benvenuto! Mette i brividi pensare che nella nazione che ospita il Papa qualcuno non lo dica a questi fratelli e queste sorelle straordinarie. Welcome è di più di un saluto di cortesia, welcome è una speranza. Spero che tu possa trovarti bene in questo luogo che io abito da più tempo di te.  Welcome è l’impegno di chi vuole che l’altro si trovi a suo agio in un luogo sconosciuto. Welcome è una relazione di reciprocità, nei paesi anglosassoni si dice per rispondere ad un “grazie”, con il nostro “prego” comunichiamo a qualcuno il nostro garbo nel rivolgergli un’ attenzione, con il welcome diciamo a qualcuno che ci ringrazia che è il “benvenuto”, è come dire: la fraternità non è un dare ed un ricevere, la fraternità è un “esserci con”, in cui ognuno è chiamato a metterci il suo. Da questa prospettiva in cui i giovani migranti ospiti nel nostro centro SPRAR di Roccabascerana (Sistema per la Protezione dei Richiedenti Asilo e Rifugiati) ci hanno insegnato a stare, abbiamo cambiato lo sguardo su tutte le nostre opere, su tutte le nostre parole d’ordine ed i nostri tag. Prima erano “servizi” alla persona (giovani disabili, sofferenti psichici, giovani devianti, detenuti, migranti, famiglie povere) ed all’epoca cercavamo umilmente di incarnare la famosa Chiesa con il grembiule di don Tonino, mettendoci a servizio con le nostre opere. Poi passammo a definire i nostri servizi come “luoghi”, la necessità di vivere con i poveri relazioni autentiche per il cambiamento della società e non prestazioni, sulla scia dei due documenti dei Vescovi Italiani dell’ultimo decennio del ‘900 e del primo decennio del 2000 (Evangelizzazione e Testimonianza della Carità e Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia). Quest’ultima riflessione partiva dal concetto dei nonluoghi dell’antropologo Augé e della società liquida del filosofo Bauman. Se il mondo sta cambiando divenendo sempre più un luogo “spersonalizzato” dalle identità territoriali, per cui i centri commerciali ed i ristoranti in franchising sono gli stessi dappertutto, il tempo è vissuto in luoghi incentrati o a relazioni commerciali o a relazioni burocratiche o a relazioni virtuali, la coesione, anche nel nucleo familiare, diventa una chimera, allora anche la carità deve cambiare. La carità deve andare in direzione di luoghi di relazione, ed è in quella direzione che abbiamo lavorato vendendo nascere attorno a noi 22 opere segno volute solo dalla Provvidenza. Con la promozione del welfare di comunità attraverso i progetti riabilitativi individualizzati ed i percorsi di pene alternative e comunitarie (cfr. dossier Caritas di Benevento 2013/2014, Lavori in corso), pensavamo che la nostra riflessione fosse ormai matura e completa. Ma la necessità e la gioia di accogliere Alì ci ha fatto cambiare ancora.

    Il Welfare, la protezione sociale, è di comunità solo se è capace di costruire percorsi di Welcome, per tutti. Welcome al ragazzo disabile in un’azienda è di più di rispettare il suo diritto di “collocamento mirato ed obbligatorio in azienda” ex Lege 68/99. È l’azienda che diventa “luogo” per quel ragazzo disabile. Welcome alla persona uscita dal carcere è diverso dalla protezione dei detenuti, significa essere comunità capaci di riconciliarsi. Welcome ai padri di famiglia in cerca di occupazione significa dire che costruiamo insieme qualcosa, qui su questa terra. Welcome alle donne nigeriane vittime della tratta che qualcuno scaccia via come moderne streghe ed altri riversano su di loro le proprie frustrazioni. Welcome è anche la valorizzazione della terra che ospita, che vista con gli occhi degli altri è sempre nuova, anche per chi la abita.  “Welcome in Benevento” è uno slogan da turismo da incoming, è una parola buona non solo per i turisti che arrivano ma racconta della bellezza di Benevento. È questa la nuova strategia della Caritas di Benevento, non può esserci un vero welfare di comunità se non legato ad un vero welcome di comunità. E’ tutta la città, la diocesi a dover essere più bella, più curata, più coesa perché i deboli vi si trovano a loro agio, ma saranno proprio i deboli di questa terra a renderla così, nel loro insegnarci a dire Welcome!

    E’ questa la prospettiva nuova della Caritas: non è il welfare, cioè la protezione sociale, a creare la comunità, ma è la comunità, cioè le relazioni sicure, a creare il welfare, cioè il benessere sociale e relazionale. Non è il welfare di comunità il nostro orizzonte, ma la comunità-welfare, che poi è comunità welcome!